29.6.07

Ultime righe

Paziente

Quanto manca al buio? Quanto manca al dolore? Poche righe scritte in questo foglio che mi pesa sulle mani come fosse un mattone...

E fuori sento bambini che urlano e giocano. Ma io no. Sento solo un male cane che nemmeno lontanamente è parente del dolore...

Vicino a me, su questo letto di domande senza risposte, una scatola di un non ben precisato farmaco. Il telefono che squilla ma io non rispondo. Nessuna voglia. Nessuna spiegazione. Basta scuse. Basta giustificazioni.

Io e solo io. Solo queste mie ultime righe. I miei occhi che si chiudono, la stanza che inizia a girare intorno e io ferma lì al centro che non posso muovermi.

Arriva quel buio che ho tanto aspettato... che ho tanto amato... Solo silenzio...


D'improvviso qualcosa mi scuote... come da un torpore rinasco ma non voglio svegliarmi... Porte che si aprono, gente tutta intorno a me che mi guarda... ma non capisco... non so...”


Io

Oggi sono in area rossa. Ho sentito che sta arrivando in ambulanza un paziente intubato. Le voci si rincorrono... inizio a immaginare quanti anni potrebbe avere.

Arrivano più informazioni da parte del medico di pronto soccorso: la persona intubata ha ingerito dei ratticidi.

Pochi minuti e le porte dell'area rossa si spalancano. Medico e infermiere del 118 insieme ai volontario dell'ambulanza portano la paziente intubata.

Strano a vederla... non riesco a darle un'età... non ho molto tempo per capire...


Sulla barella, accanto al suo corpo, un foglio piegato con scritte alcune parole che riesco appena a leggere: “Cara Luisa...”


Paziente: “Sì, Cara Luisa...”


Ora sono lì immobile che guardo la scena come fossi uno spettatore esterno mentre intorno a me medici e infermieri intervengono su quella paziente


Paziente: “La gola mi pizzica... Questo tubo mi da fastidio!”


Io che penso: “Che cosa ha fatto?”


Paziente: “Già! Che cosa ho fatto?”


E la mia mente ritorna a quel febbraio di un anno fa quando ricevetti la notizia che Marco, un mio carissimo amico nonché medico anestesista, si era tolto la vita con una dose letale di farmaci perché era depresso e non era riuscito a venirne fuori.

Ecco che in me riemergono le domande, la rabbia e l'impotenza provata in quei giorni.

Mi ritrovo a ricordare quella sensazione provata la sera prima di sapere che era morto, quella sensazione di sapere già che lui si era ucciso e in che modo senza che nessuno me lo avesse detto prima... Sentire che qualcosa di era rotto dentro...


Io: “Cosa posso fare?”


Paziente: “Non puoi fare nulla. Ho fatto quella che mi sembrava la cosa migliore da fare...”


Io: “Perchè”


Paziente: “Per affermare la mia natura umana. Questa è la mia decisione. Questa la mia scelta.

Io vorrei poter godere di questa quiete... ma se la scelta obbligata è tra una vita di

incomprensioni e la morte... allora io scelgo la morte!”


Io: “Guardare la vita in faccia...”


Paziente: “Sempre... guardare la vita in faccia...”


Io: “E conoscerla per quello che è”


Paziente: “Al fine conoscerla per quello che è... amarla per quello che è... e poi metterla da

parte...”


Io: “Per sempre gli anni...”


Paziente: “Per sempre gli anni... per sempre l'amore... per sempre... le ore...”